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Le dimissioni: il recesso del lavoratore

Le dimissioni del lavoratore

Le dimissioni: il recesso del lavoratore

Il recesso dal rapporto di lavoro ad opera del lavoratore prende il nome di dimissioni: si tratta di un atto unilaterale che non necessita del consenso del datore di lavoro.

Esse, a differenza dei licenziamenti, non devono essere motivate e sono insindacabili. È comunque necessario rispettare il termine di preavviso fissato dai contratti collettivi di lavoro in misura generalmente diversa a seconda dell’inquadramento e dell’anzianità di servizio del lavoratore, in maniera tale da dare al datore di lavoro la possibilità di organizzarsi per far fronte alla carenza di personale, prima che questa divenga effettiva e il rapporto di lavoro si interrompa.

Dimissioni per giusta causa e senza preavviso

In alcuni casi, tuttavia, l’obbligo di preavviso per le dimissioni viene meno: così come per il licenziamento, anche per le dimissioni la presenza di una giusta causa legittima infatti l’interruzione in tronco del rapporto di lavoro.

Si tratta, in sostanza, di una motivazione alla base del recesso del lavoratore talmente grave da non consentire la prosecuzione neanche temporanea della propria attività lavorativa(si pensi, ad esempio, alle dimissioni rassegnate a seguito di minacce o di episodi di mobbing).

Va segnalato, peraltro, che la giusta causa è l’unica ragione che permette le dimissioni del lavoratore da un rapporto a tempo determinato.

Contrasto alle dimissioni in bianco

Per molto tempo, nel nostro paese, è stato ampiamente diffuso un fenomeno deplorevole, oggi in parte arginato: quello delle dimissioni in bianco.

All’atto dell’assunzione, in sostanza, il datore di lavoro faceva firmare al lavoratore una dichiarazione di dimissioni non datata, da utilizzare per ricattarlo ed eventualmente aggirare la normativa in materia di licenziamenti.

La lotta contro tale fenomeno ha conosciuto un importante punto di svolta con la legge Fornero numero 92 del 2012, che ha elaborato un meccanismo per le dimissioni complessoe volto ad ottenere la certezza circa la genuinità delle intenzioni dei lavoratori.

In sostanza si è introdotto l’obbligo per il dipendente dimissionario di convalidare le proprie dimissioni presso la Direzione Territoriale del Lavoro, presso il Centro per l’impiego o presso le altre sedi contemplate dai contratti collettivi. In alternativa, al lavoratore viene data la possibilità di firmare come conferma la ricevuta di trasmissione della comunicazione al Centro per l’impiego di cessazione del rapporto di lavoro.

In assenza di convalida, il datore di lavoro, entro trenta giorni, può invitare il lavoratore ad attivarsi in tal senso. Quest’ultimo, a questo punto, entro sette giorni può contestare le dimissioni replicando al datore di lavoro, ritirarleoffrendosi di proseguire il rapporto o convalidarle, anche firmando la predetta ricevuta di trasmissione.

Nel caso in cui, nel termine sopra indicato, il lavoratore non ponga in essere alcuna di tali attività, il rapporto di lavoro si reputa validamente concluso.

Sempre la riforma Fornero ha inoltre introdotto una pesante sanzione amministrativa per coloro che si avvalgono delle dimissioni in bianco, di importo compreso tra 5mila e 10mila euro.

Jobs Act: le dimissioni online

La lotta al fenomeno delle dimissioni in bianco è proseguita anche con il Jobs Act, che ha introdotto un ulteriore fondamentale tassello di difesa della genuinità delle intenzioni del lavoratore: a partire dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie (così come la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro) possono aver luogo solo mediante strumenti telematici.

Di conseguenza, oggi il lavoratore che intenda dimettersi, se munito del Pin Inps Dispositivo, potrà inviare il nuovo modulo tramite il sito del Ministero del lavoro in maniera autonoma, inserendo tutti i dati richiesti nell’apposito form online e recuperando da questo tutte le informazioni necessarie relative al rapporto di lavoro dal quale si intende recedere.

Nel caso in cui tale rapporto sia stato instaurato precedentemente al 2008, però, bisognerà recuperare da soli con esattezza la data di inizio del rapporto, la tipologia contrattuale e i dati del datore di lavoro comprensivi di e-mail o pec.

In alternativa alla procedura autonoma, i lavoratori possono anche presentare le proprie dimissioni tramite soggetti abilitati, come patronati, sindacati, commissioni di certificazione, enti bilaterali.

Resta in ogni caso ferma anche oggi la possibilità per il lavoratore di revocare le proprie dimissioni entro i 7 giorni successivi a quello della comunicazione.

Si precisa che l’applicazione della nuova norma non riguarda né il lavoro domestico né le dimissioni (così come le risoluzioni consensuali)disposte nelle sedi conciliative di cui al quarto comma dell’articolo 2113 del codice civile e nelle commissioni di certificazione.

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Giurisprudenza

Ecco alcune proncunce rilevanti in materia di dimissioni.

"Qualora il lavoratore deduca di essere stato licenziato oralmente e faccia valere in giudizio l'inefficacia o l'invalidità di tale licenziamento, mentre il datore di lavoro deduca la sussistenza di dimissioni del lavoratore, il materiale probatorio deve essere raccolto (dal giudice di merito) tenendo conto che la prova gravante sul lavoratore è limitata alla sua estromissione dal rapporto, mentre la controdeduzione del datore di lavoro assume la valenza di un'eccezione in senso stretto, il cui onere probatorio ricade sull'eccipiente ex art. 2697, comma 2, c.c." (Cass. n. 12586/2016)

"Le dimissioni del lavoratore da un contratto a tempo determinato, facente parte di una sequenza di contratti similari succedutisi nel corso del tempo, esplicano i propri effetti sul rapporto intercorso tra le parti ma non elidono il diritto all'accertamento dell'invalidità del termine apposto al primo contratto di lavoro, permanendo l'interesse alle conseguenze di ordine economico che da tale nullità parziale scaturiscono" (Cass. n. 1534/2016)

"Ai sensi dell'art. 4 l. 92/2012 sono inefficaci le dimissioni del lavoratore se non sono stati rispettati gli oneri previsti da tale normativa come la convalida da parte del centro per l'impiego e pertanto il rapporto di lavoro permane tra le parti" (Trib. Milano, 3/8/2015)

"Le dimissioni rassegnate dal lavoratore sono annullabili per violenza morale ove siano determinate da una condotta intimidatoria, oggettivamente ingiusta, tale da costituire una decisiva coazione psicologica; il relativo accertamento da parte del giudice di merito si risolve in un giudizio di fatto, incensurabile in cassazione se motivato in modo sufficiente e non contraddittorio" (Cass. n. 15161/2015)

"In caso di dimissioni volontarie nel periodo in cui opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice madre ha diritto, a norma dell'art. 55 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, alle indennità previste dalla legge o dal contratto per il caso di licenziamento, ivi compresa l'indennità sostitutiva del preavviso, indipendentemente dal motivo delle dimissioni e, quindi, anche nell'ipotesi in cui esse risultino preordinate all'assunzione della lavoratrice alle dipendenze di altro datore di lavoro" (Cass. n. 4919/2014)

"Nell'ipotesi di annullamento delle dimissioni presentate da un lavoratore subordinato (nella specie, perché in stato di incapacità naturale) le retribuzioni spettano dalla data della sentenza che dichiara l'illegittimità delle dimissioni, in quanto il principio secondo cui l'annullamento di un negozio giuridico ha efficacia retroattiva non comporta anche il diritto del lavoratore alle retribuzioni maturate dalla data delle dimissioni a quella della riammissione al lavoro, che, salvo espressa previsione di legge, non sono dovute in mancanza della prestazione lavorativa" (Cass. n. 22063/2014)

Aggiornamento: Agosto 2016

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