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Crediti dell’avvocato non recuperabili con rito ordinario o sommario Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 23/02/2018 n° 4485

Per recuperare i propri compensi professionali non pagati spontaneamente dal cliente, l’avvocato dovrà azionare il procedimento d’ingiunzione o il rito sommario speciale, anche se prima della lite vi erano contestazioni sull’an debeatur.

E’ quanto chiarito dalla Cassazione, a Sezioni Unite, nella sentenza n. 4485 del 23 febbraio scorso.

Nella vicenda in esame, un avvocato aveva proposto ricorso ex art. 702-bis c.p.c. per ottenere la condanna di una sua cliente al pagamento delle competenze professionali per l’attività professionale svolta in favore di quest’ultima. Il Giudice di prime cure aveva ritenuto inammissibile il ricorso oltre ad aver dichiarato la propria incompetenza, per cui il legale ha presentato ricorso per regolamento di competenza, esponendo di aver introdotto il giudizio secondo il rito sommario ordinario e che ad esso era applicabile la regola della competenza prevista dall’art. 18 c.p.c., e «che, pertanto, il tribunale aveva errato, perché ild.lgs. n. 150/2011 aveva lasciato inalterati gli strumenti ordinari di tutela utilizzabili dal difensore in alternativa al procedimento speciale (…) e, dunque, sia il procedimento di cognizione ordinario sia il procedimento sommario ordinario ex art. 702-bis c.p.c.».

Rilevata l’esistenza di un contrasto sulla ricostruzione dei limiti e dell’oggetto del giudizio di cui all’art. 14 d.lgs. n. 150/2011, la Suprema Corte ha rimesso il procedimento al Primo Presidente, il quale ha fissato la trattazione della causa davanti alle Sezioni Unite.

Le Sezioni Unite civili, chiamate a pronunciarsi sulla questione relativa ai procedimenti azionabili dall’avvocato per la tutela del proprio credito, hanno rilevato che, per ottenere il pagamento del proprio compenso, il legale potrà proporre ricorso ex art.702 bis cpc che dà luogo ad un procedimento sommario “speciale”, disciplinato dal combinato disposto dell’art. 14 e degli artt. 3 e 4 del d.lgs. n. 150/2011 oppure ricorso per decreto ingiuntivo ai sensi degli articoli 633 e ss. cpc.

Dunque, il Collegio ha espresso preliminarmente il principio di diritto in base al quale: «a seguito dell’introduzione dell’art. 14 del d.lgs. n. 150/2011, la controversia di cui all’art. 28 della l. n. 794/1942, come sostituito dal citato d.lgs., può essere introdotta: a) o con ricorso ai sensi dellart. 702-bis c.p.c. che dà luogo ad un procedimento sommario “speciale”, disciplinato dal combinato disposto dell’art. 14 e degli artt. 3 e del citato d.lgs. e dunque dalle norme degli artt. 702-bis e ss. c.p.c., salve le deroghe previste dalle dette disposizioni del decreto; b) o con il procedimento per decreto ingiuntivo ai sensi degli artt. 633 e ss. c.p.c., l’opposizione avverso il quale si propone con ricorso ai sensi dell’art. 702-bis e ss. c.p.c. ed è disciplinata come sub a), ferma restando l’applicazione delle norme speciali che dopo l’opposizione esprimono la permanenza della tutela privilegiata del creditore e segnatamente degli artt. 648649 e 653 c.p.c.. Resta, invece, esclusa la possibilità di introdurre l’azione sia con il rito di cognizione ordinaria e sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c.».

Inoltre, la Suprema Corte ha rilevato che la controversia tra avvocato e cliente avente ad oggetto la domanda di condanna di quest’ultimo al pagamento dei compensi del primo è soggetta al rito sommario speciale al di là del fatto che, l’an debeatur sia stato contestato o meno, prima della lite. Solo qualora il convenuto proponga una domanda che vada oltre la portata del rito di cui all’ art.14 del dlgs 150/11, ovvero una riconvenzionale, di compensazione, di accertamento con efficacia di giudicato di un rapporto pregiudicante, occorrerà separare la trattazione delle cause.

Pertanto, le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio di diritto :“la controversia di cui all’art. 28 della l. n. 794 del 1942, tanto se introdotta con ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., quanto se introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, ha ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, tanto se prima della lite vi sia una contestazione sull’an debeatur quanto se non vi sia e, una volta introdotta, essa resta soggetta al rito di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, anche quando il cliente dell’avvocato non si limiti a sollevare contestazioni sulla quantificazione del credito alla stregua della tariffa, ma sollevi contestazioni in ordine all’esistenza del rapporto, alle prestazioni eseguite ed in genere riguardo all’an. Soltanto qualora il convenuto svolga una difesa che si articoli con la proposizione della domanda (riconvenzionale, di compensazione, di accertamento con efficacia di giudicato di un rapporto pregiudicante), l’introduzione di una domanda ulteriore rispetto a quella originaria e la sua esorbitanza dal rito di cui all’art. 14 comporta − sempre che non si ponga anche un problema di spostamento della competenza per ragioni di connessione (da risolversi ai sensi degli artt. 3435 e 36 c.p.c.) e, se è stata adita la corte di appello, il problema della soggezione della domanda del cliente alla competenza di un giudice di primo grado, che ne impone la rimessione ad esso – che, ai sensi dell’art. 702-ter, quarto comma, cpc, si debba dar corso alla trattazione di detta domanda con il rito sommario congiuntamente a quella ex art. 14, qualora anche la domanda introdotta dal cliente si presti ad un’istruzione sommaria, mentre, in caso contrario, si impone di separarne la trattazione e di procedervi con il rito per essa di regola previsto”.

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